Marco Florio Psicologo, Psicoterapeuta | Psicoanalisi, Psicosomatica, Terapia di Coppia, Attacchi di Panico e Coaching a Milano | immagine panico e angoscia

Il panico, un falso antidoto all’angoscia

2 Maggio 2020

In questi mesi abbiamo trascorso giornate frenetiche caratterizzate da bombardamento mediatico e tragici bollettini quotidiani, ed improvvisamente ci siamo ritrovati a fare i conti con qualcosa che, da tempo, la nostra società occidentale si era illusa di aver rimosso con successo: la morte.

O meglio, l’idea della morte, quell’idea che in fin dei conti ci distingue da tutti gli animali, la consapevolezza di una fine, la propria fine. Consapevolezza che inevitabilmente provoca angoscia di fronte al vuoto che si spalanca, ma che allo stesso tempo può essere, secondo Heidegger, autentica possibilità di rendere la nostra vita presenza autentica, di costruire un senso, il proprio senso. In questa decisiva anticipazione mentale dell’esperienza del morire, infatti, c’è lo spazio per la libertà umana di aprirsi alle sue indeterminabili possibilità future, di cui la morte costituisce la possibilità estrema.

Paradossalmente, è proprio il senso di angoscia che accompagna questa anticipazione, l’essere-per-la-morte, che consente di vivere la propria autenticità in modo radicale.

Ma una società i cui membri hanno da tempo rifuggito il confronto con sé stessi, che ha smarrito un senso più ampio che le permettesse di andare oltre l’ordine esclusivamente materiale, forse non poteva che perdersi nel panico più totale di fronte alla morte che, prepotentemente, le ha ricordato di esserci ancora, di non essersene mai andata, che l’esperienza del limite è connaturata alla nostra umanità.

Di fronte alla complessità del tempo che stiamo vivendo sembrano quindi apparentemente due le strade che si aprono di fronte a noi: da una parte il panico, la reazione incontrollata, risultato dell’incapacità di tollerare l’attesa del futuro e tutta l’incertezza che questa comporta, lato ombroso di un’epoca che si è illusa di poter ridurre tutto al presente, azzerando lo spazio e il tempo tra desiderio e attesa del suo soddisfacimento. L’ansia diventa così intollerabile e sfocia nel panico, che all’angoscia del vuoto sostituisce la paura di qualcosa che è lì (il virus), concreto e presente davanti a noi e che, seppur spaventa, paradossalmente rassicura; un’anticipazione quindi ben diversa da quella teorizzata dalla filosofia esistenzialista, in cui non vi è assunzione dell’avvenire, non vi è un farsi carico del futuro, ma un tentativo disperato (e destinato all’insuccesso) di prevenire un futuro che ci piomba addosso. Dall’altra parte la difficoltà dell’attesa, attesa nel vuoto, attesa di fronte al vuoto, in un silenzio che prima o poi, parla. Di cosa? O meglio, di chi? Di noi.