Stare a casa, talvolta con la sola compagnia di sé stessi, non è stata e non è sicuramente un’esperienza facile. Eppure non per tutti risulta difficile allo stesso modo. Le persone tendenzialmente introverse probabilmente avranno avuto maggior facilità a sopportare queste giornate, avvertendone meno il peso. Ma chi sono gli introversi?
Secondo la classificazione tipologica di Jung, introverso è colui che è focalizzato principalmente sul proprio mondo interno, privilegia l’introspezione e si adatta con fatica alle situazioni esterne; a lui si contrappone il tipo estroverso, maggiormente focalizzato sull’esterno e più facilmente adattabile ad esso. Nessuno di noi costituisce una tipologia pura (ed è un bene che sia così!), ma in ognuno convivono gradazioni differenti, le quali possono anche modificarsi nel corso della vita. Soprattutto, non vi è una tipologia più giusta o adeguata dell’altra; entrambe hanno valore ed entrambe chiedono di avere il loro spazio. Spazio che, tuttavia, la nostra società ha finito col riservare quasi esclusivamente all’atteggiamento estroverso, quantomeno promuovendolo e giudicandolo più accettabile, proiettata com’è sull’esterno (e sull’esteriorità), e poco incline a dare spazio all’introspezione, la quale oltretutto richiede un tempo che poco si concilia con la velocità estrema dell’epoca attuale.
Ma quando, a livello di coscienza collettiva, si tende a privilegiare unilateralmente un solo lato, ecco che prima o poi il lato opposto, inascoltato, finirà per irrompere dall’inconscio con violenza per poter ristabilire l’equilibrio, fine a cui la psiche sempre aspira. E’ la cosiddetta enantiodromia, la caduta nell’opposto, tematizzata per la prima volta da Eraclito e ripresa da Jung, che in essa ha individuato una delle leggi fondamentali della psiche.
Sotto certi aspetti, è proprio quello che è capitato in questo periodo, in cui all’improvviso ci siamo ritrovati, da un giorno all’altro, praticamente costretti a stare con noi stessi. Una vera e propria introversione forzata! Potrebbe essere un errore allora cercare di rifuggire questa “fatica” a tutti i costi, magari sfruttando proprio quelle tecnologie che hanno sempre più facilitato questo processo di evasione da sè; bene sarebbe invece, accanto alla coltivazione dei rapporti attraverso tutte le modalità consentite, dedicare la stessa attenzione al rapporto con noi stessi. Potremmo scoprire che non ci conoscevamo poi così tanto bene.