In questo articolo avevo introdotto il concetto di enantiodromia, la caduta nell’opposto, legge fondamentale della psiche per cui, ogni volta che la coscienza sviluppa unilateralmente un solo lato, inevitabilmente prima o poi l’inconscio finirà col presentare l’altro, e lo farà a suo modo. Ciò non vale solo a livello individuale, ma anche collettivo. Ed un’altra forma di caduta nell’opposto la si può ravvisare, a mio giudizio, anche nei lockdown e nelle forti limitazioni imposte in questi mesi in gran parte delle società occidentali.
Se prima gli imperativi categorici di queste società erano quelli del godimento sfrenato, della ricerca continua del nuovo, del superamento di qualsiasi limite, della crescita spasmodica e ad ogni costo, improvvisamente, da un giorno all’altro, si è presentato il Divieto. Ma facciamo un passo indietro per introdurre il concetto di Archetipo, che consentirà così di procedere nel ragionamento.
Jung ci ha insegnato che nella psiche di ognuno di noi non si cela soltanto l’inconscio personale, sede del rimosso, dell’inaccettabile, ma anche di nuove risorse e nuove potenzialità. A livello più profondo, infatti, risiede anche un inconscio collettivo: si tratta di un repertorio comune a tutti gli esseri umani, che racchiude le forme di rappresentazione e le modalità di fare esperienza che l’umanità ha accumulato nel corso di ogni epoca. Jung si accorse per la prima volta della presenza di un livello collettivo dell’inconscio notando che il contenuto dei deliri dei pazienti psicotici richiamavano antichi miti e tradizioni, senza che queste persone avessero mai avuto contatti con materiali di questo tipo. Nel corso degli anni potè verificare come questi contenuti, immagini e motivi primordiali, emergevano anche nei sogni, nelle fantasie e nei disegni di pazienti comuni. A questi contenuti Jung diede il nome di archetipi (dal greco archè, principio e typos, modello) e ne individuò un certo numero tra quelli più comuni come ad esempio la Grande Madre, il Padre, l’Ombra, il Puer Aeternus, il Vecchio Saggio, il Sé. La caratteristica degli archetipi è quella di non essere solo immagini di esperienze tipiche, ma anche di agire come forze irresistibili e tendenze a ripetere quelle stesse esperienze, sia a livello individuale che collettivo.
Ora torniamo a noi e proviamo a dare una lettura simbolica ai difficili eventi che stiamo vivendo, capace di dare un senso ulteriore oltre alle spiegazioni puramente materiali. La società ipermoderna dei consumi può essere concepita come l’azione sul piano concreto dell’Archetipo della Grande Madre, in grado di rispondere a qualunque desiderio, di elargire immensi doni, azzerando il tempo (altra parola che merita di essere al centro della nostra attenzione) tra quest’ultimo e la sua realizzazione. “Tutto e subito!” potrebbe essere il motto dei nostri tempi. Il versante negativo dell’azione unilaterale di questo archetipo è duplice: da una parte, infatti, avviene come per il bambino che, non riuscendo ad interrompere il suo rapporto simbiotico con la madre, non può crescere nè evolvere; dall’altra l’assenza di qualunque limite alla lunga può portare ad esiti distruttivi, come del resto tutti possiamo renderci conto se guardiamo a fenomeni come l’ inquinamento, le disuguaglianze crescenti, lo strapotere della finanza, ecc.
Ma dato che ogni unilateralità prima o poi deve essere controbilanciata, improvvisamente ecco riaffacciarsi l’archetipo del Padre, rappresentante della Legge e del Limite, con potenza corrispondente alla forza con cui era stato represso nell’inconscio. Il Limite, così, si è presentato ovunque e oltre ogni immaginazione: limite alle uscite, limite alle occasioni di incontro, limite alla tipologie di acquisto, ecc. Ora, se riusciamo per un momento a distaccarci dalla situazione specifica e portarci ad un livello superiore, possiamo vedere come il limite non significhi solo impedimento, ma anche possibilità di riconoscersi, di divenire consapevoli di sè e responsabili. Si pensi al mito di Dedalo e Icaro che escono dal labirinto del Minotauro: Icaro, non rispettando il limite consigliatogli dal padre, si avvicina troppo al sole con le sue ali di cera e precipita nel vuoto. O si pensi al bambino che, senza il limite del terzo rappresentato dal padre, avrebbe molte difficoltà a spezzare la simbiosi con la madre e continuare il percorso di crescita.
Riconoscere la funzione del Limite non significa quindi obbedire acriticamente a qualsivoglia tipo di provvedimento, su cui anzi il dibattito e la dialettica devono essere sempre mantenuti nelle sedi opportune, né impedirsi di fare esperienze e di aprirsi al nuovo. L’obiettivo è sempre quello di evitare ogni forma di unilateralità, i cui esiti, come abbiamo visto, sono il più delle volte disastrosi. Al di là delle difficoltà e della drammaticità di questo momento storico, per ognuno di noi questa può essere un’opportunità per riflettere sul concetto del Limite, perché il Limite de-finisce e, in qualche modo, ci de-finisce, ci dice qualcosa di noi che è importante ascoltare. Anche l’archetipo del Padre merita di avere il suo spazio nella nostra vita, spazio che da troppo tempo gli era stato tolto.